“Chuval turcomanna, tribù dei Saryk, Turkestan occidentale, fine XIX sec. (particolare con inserti in seta)”
Occupavano un’area estesa al di là del Mar Caspio per circa 1.000 km. di larghezza e per 700 km. di lunghezza.
Non conoscevano letteratura, pittura, scultura o architettura: l’unica manifestazione artistica praticata dai popoli turcomanni era la tessitura e l’annodatura.
Realizzavano così non solo tappeti ma anche ogni sorta di sacche, paravento, pannelli, che usavano comunemente nelle loro grandi tende, come pure gli ornamenti decorativi per le cavalcature e i cammelli.
Ogni tipologia ed ogni formato ricalcavano ben precisi modelli, tramandati dalla notte dei tempi, che identificavano la tribù di appartenenza.
I tappeti turcomanni raggiunsero vette di eccellenza per la loro grande bellezza, per l’alta qualità e per la resa perfetta dei disegni, di una raffinatezza sorprendente se si pensa che furono realizzati da donne semianalfabete che vivevano in tende, esposte alle durezze della vita nomade.
Scoperti dagli Occidentali alla fine dell’800, ben presto divennero ambiti dai collezionisti e furono oggetto di assidua ricerca da parte dei mercanti e trafficanti di ogni specie: Russi, Tedeschi, Inglesi e Americani gareggiavano nell’accaparrarsi dapprima i pezzi migliori e poi ogni sorta di manufatto turcomanno.
Con l’avvento della dominazione russa, fu imposta a quei popoli la sedentarietà, inurbandoli con la forza e distruggendo per sempre la loro civiltà nomade.
Dei loro splendidi tappeti in quei luoghi non rimane nulla, se non pallide imitazioni.